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mercoledì 11 novembre 2015

Così la Russia truffava il mondo. Spy story: tra 007 e servizi segreti

La Wada stana il sistema corrotto che distruggeva le prove e minacciava gli atleti. Chiuso il Laboratorio di Mosca. Le relazioni pericolose del ministro...

 Il presidente russo Vladimir Putin, 63 anni, in tribuna durante l’Olimpiade invernale di Sochi nel 2014 con il ministro dello sport. AP
Un copione da 007, una spy-story, quasi un fumettone: le 324 pagine del “Report finale” della Commissione indipendente dell’agenzia mondiale antidoping che, divise in 23 capitoli, lunedì hanno stravolto il mondo dello sport (e non solo quello), portano a galla intrighi e coperture, contengono clamorose rivelazioni e regalano colpi di scena degni di un giallo d’autore. Quello condotto dal 73enne canadese Dick Pound e dalla sua squadra è un lavoro minuzioso, dettagliatissimo, enciclopedico, terminato in soli sei mesi (dal 10 febbraio al 9 novembre), partendo praticamente da zero. Anzi, dalle denunce di un grande inchiesta giornalistica firmata da Hajo Seppelt e proposta in dicembre dal canale televisivo tedesco Ard. E’ la sintesi di testimonianze dirette e indirette, di documenti secretati e di prove riservate. Nel giro di ventiquattro ore ha già portato ad alcuni risultati concreti: ieri mattina la Wada, accogliendo la richiesta della Commissione, ha sospeso l’accredito al proprio Laboratorio di Mosca, responsabile dei controlli di oltre venti discipline. Il direttore, Grigory Rodchenkov, poche ore più tardi, come annunciato dal ministro dello sport russo Vitaly Mutko, si è dimesso dall’incarico.
LABORATORIO FANTASMA — L’inchiesta scoperchia una realtà che si credeva lontana, se non morta e sepolta: quella del sistema sovietico anni Settanta-Ottanta. Non c’è il Kgb, ma ci sono i nuovi servizi segreti della Fsb. La sostanza è (quasi) la stessa. Proprio quanto accaduto nei laboratori antidoping di Mosca (e di Sochi, durante l’Olimpiade invernale 2014), pare sia la trama di un film. C’è quello della capitale, uno dei trentadue accreditati Wada sparsi per il mondo e – ha scoperto la commissione Pound, arrivando a interrogare il relativo personale – ce n’è un secondo, sempre in città, all’apparenza fornito delle stesse avanzate tecnologie necessarie per effettuare i test. E’ noto come “Laboratorio della commissione dello sport moscovita per l’identificazione di sostanze proibite nelle provette degli atleti”. E’ gestito da autorità comunali ed è situato in una zona industriale periferica, a circa 10 km dal centro. Il direttore è stato identificato nel georgiano Giorgi Gezhanishvili: sotto le sue direttive opererebbero almeno sei persone. Con il Laboratorio Wada, teoricamente, non avrebbe rapporti. In realtà – ecco l’inghippo – potendo operare con regole diverse, sarebbe utilizzato per identificare in prima battuta gli atleti positivi ai controlli (delle urine) o comunque gli atleti in odore di positività. Atleti i cui esami, naturalmente (“coperti”, nascosti o spariti), non approdano mai all’altro Laboratorio. Dove invece arrivano regolarmente quelli “puliti”.

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